Nei ghetti orientali, scrive Donatella Di Cesare, gli ebrei, conservavano un vago ricordo dello splendore dei sefarditi, gli ebrei spagnoli e portoghesi.
Nascosti nella clandestinità, i marrani avevano conservato l’ebraismo nell’ intimo dei loro cuori, assumendo solo esteriormente quella fede che veniva loro imposta, il cristianesimo. In segreto avevano continuato a osservare i riti ebraici. Intatta e autentica si era mantenuta la loro identità. Tolta la maschera cristiana, erano tornati a essere ebrei.
Rembrandt, Ritratto di giovane ebreo. “Colti e audaci, raffinati e alteri, i marrani erano circondati da un’aura di avvincente esotismo. Così li ha dipinti Rembrandt”. (da: Marrani. L’altro dell’altro)jRembrandt, Giacobbe benedice Ephraim e Manasseh
Marrani: esaltati o condannati, considerati coraggiosi o codardi, inflessibili o pronti al compromesso.
No, i marrani non erano né eroi né martiri. Al contrario, transfughi e spergiuri, attestavano con la loro vita la minaccia insita nella diaspora, il rischio dell’assimilazione.
Rembrandt, Vecchio ebreo
Può il marrano essere considerato ebreo?
I giudizi perentori e le definizioni unilaterali, che pretenderebbero di catturare il marrano, questo fuggiasco, profugo e transfuga, finiscono per occultarne l’ambivalenza, per coprire l’insita dualità che rende la sua figura così affascinante e così inquietante.
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Donatella Di Cesare. Marrani. L’altro dell’altro