Nella casa dove andranno ad abitare, David ha intenzione di apporre la mezuzah sulla porta ma Rosamaria ha paura. La notte ha incubi spaventosi, le sembra di sentire dei passi e il rumore di vetri infranti mentre il cuore batte all’ impazzata
“Può succedere anche adesso” si diceva. Anzi, stava già succedendo, e pensava agli sgozzamenti dei cristiani in Medio Oriente da parte dell’Isis. Ma anche l’Europa era attraversata da una nuova ondata di antisemitismo. Sarebbero venuti a prenderla, o peggio le avrebbero portato via il piccolo Arturo e David, lei sarebbe rimasta sola e a quel punto si sarebbe uccisa. Respirava affannosamente, si risciacquava di nuovo la faccia per calmarsi e tornava a letto trovando David che dormiva profondamente. Ma lei non riusciva a addormentarsi e si rigirava tra le lenzuola.
E fu così anche quella notte. Era proprio necessario mettere le mezuzah fuori dalla porta di casa? Perché tutti dovevano sapere che erano ebrei? Ma David è inflessibile nonostante lei gli ricordi che anche lui e la famiglia sono dovuti fuggire dalla Libia.
“Allora niente. Si è orgogliosi di essere ebrei, non ci si vergogna, non voglio vivere in una casa senza mezuzot…”
La mezuzah è un oggetto rituale ebraico, consistente in una pergamena su cui sono stilati i passi della Torah corrispondenti alle prime due parti dello Shemah , preghiera fondamentale della religione ebraica scritta in caratteri ebraici ornati.
La pergamena va controllata periodicamente e sostituita se scolorita o danneggiata. La mezuzah ricorda il segno di sangue comandato da Dio a Mosè e posto sullo stipite delle casa dei figli d’Israele in Egitto. Esso serviva a distinguere le loro dimore da quelle egizie poi colpite da Dio con la decima piaga, la morte dei primogeniti. (da Wikipedia)
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Elisabetta Fiorito, Carciofi alla giudia