Traggo quest’ultimo brano dal capitolo “Genocidio” di quello straordinario affresco che è “Novecento Famiglia” di Paul Ginsborg.
Un gruppo familiare, ridotto solo a nonna e nipoti, verso le camere a gas al terminal ferroviario di Auschwitz-Birkenau (da: Famiglia Novecento di Paul Ginsborg)
All’ arrivo nei lager le procedure non erano sempre identiche. Nei campi di sterminio come Auschwitz i membri della famiglia venivano separati immediatamente in maniera straziante, nella maggioranza dei casi per sempre. Gli adulti fisicamente abili erano condotti in marcia a un campo di lavoro; le donne sane tra i sedici e i quarantacinque anni a un altro. Tutti i rimanenti –i giovani sotto i sedici anni, le madri con figli a carico, gli anziani e i deboli- venivano inviati immediatamente alle camere a gas. I rapporti familiari non potevano sopravvivere a una simile procedura di selezione. Ci furono straordinarie eccezioni, ma in numero ridottissimo. Tuttavia è vero che le donne nei campi, come scrive Jane Caplan,
“Reagirono più spesso all’ infinita disumanità e atrocità dell’esistenza dei campi sviluppando amicizie più strette rispetto agli uomini, costruendo cerchie di intimità che assumevano anche valore sostitutivo rispetto alla straziante assenza delle loro famiglie […]. Le memorie delle donne ricorrono senza imbarazzo a un vocabolario della famiglia che sovveniva con meno facilità agli uomini.”
Ginsborg accenna anche al campo di Theresienstadt dove, in vista di una visita della Croce Rossa di Ginevra, i nazisti allestiscono un finto campo nel quale le famiglie rimangono unite e i bambini possono giocare e cantare.
Al termine della visita, l’ispettore Paul Roussel scrive che nel campo le condizioni di vita dei prigionieri sono soddisfacenti.
Nel luglio del 1944, i circa 18000 internati vengono eliminati ad Auschwitz.
Paul Ginsborg
+++++++++
Paul Ginsborg, Novecento Famiglia, titolo originale: Family Politics