Nel 1984, con Craxi presidente del Consiglio dei ministri, il governo si pone in linea di continuità con la politica filo-araba della diplomazia italiana. Questa linea politica è messa a dura prova dal sequestro, avvenuto il 7 ottobre 1985, della nave da crociera italiana Achille Lauro. Leon Klinghoffer
I terroristi, che appartengono al ramo filo-libico del Fronte per la Liberazione della Palestina, uccidono Leon Klinghoffer, ebreo americano, poi si arrendono il 9 ottobre. Il governo egiziano rispedisce gli attentatori al comando dell’ Olp di Tunisi ma il Boeing 737 viene intercettato da quattro jet americani e fatto atterrare alla base Nato di Sigonella: l’ obiettivo è catturare i terroristi per portarli dinanzi a un tribunale negli Stati Uniti.
Per alcuni minuti si fronteggiano le forze speciali americane e i carabinieri italiani. I terroristi vengono arrestati dall’ Italia; il loro capo Abu Abbas viene fatto fuggire.
Muhammad Zaydan, detto Abu Abbas
Più interessante, tuttavia, è registrare come in quell’ occasione il leader socialista fosse celebrato come un salvatore dell’onor patrio, ottenendo un impressionante aumento di consenso popolare per la sua figura. Orgoglio nazionale e antiamericano si saldarono nel discorso pubblico, dominato dall’ entusiasmo per la capacità dell’Italia di tener testa a quella che era percepita essere l’arroganza americana.
L’attivismo craxiano sul fronte medio-orientale non produsse –né poteva produrre- significativi avanzamenti nel dialogo tra Israele e i suoi vicini, tuttavia pesò certamente sul piano politico interno, contribuendo a far crescere l’ autorevolezza e il gradimento del leader socialista presso l’opinione pubblica.
Il mondo ebraico si sente tradito e abbandonato ma la linea della dirigenza socialista non muta neppure dopo la strage di Fiumicino, il 27 dicembre 1985.
In questi anni il Psi , pur non mettendo in discussione il diritto all’esistenza di Israele, stringe forti legami con Arafat mentre il Pci, pur senza dimenticare i diritti dei palestinesi, stabilisce nuove relazioni con lo Stato di Israele.
Una traccia utile per comprendere il significato e le implicazioni del rimescolamento di sentimenti e idee ingeneratosi a partire da quei mesi turbolenti ci è offerta da una testimonianza di Stefano Levi Della Torre:
“Nel 1982 protestai insieme con altri contro l’ attacco israeliano in Libano. […] Un confronto molto duro si era aperto con gli ebrei e tra gli ebrei. ma avendo preso posizione su un punto così pieno di implicazioni mi sono subito trovato a dover dipanare una matassa senza fine e un groviglio di domande: perché un italiano avrebbe, in quanto ebreo, la responsabilità particolare di pronunciarsi sulla politica del governo israeliano? Che cosa è un ebreo? Che cosa c’è da dire, in quanto ebrei, non solo sulla memoria, ma anche sull’ attualità delle discriminazioni e degli stermini?[…]
Alle domande che si ponevano […] non avevo risposte già pronte né per me né per gli altri. […] ho dovuto mettermi a studiare, partendo da una fondamentale ignoranza.”
Si tratta di una vera e propria crisi di identità e il 1982 costituisce uno spartiacque. Un nucleo numericamente esiguo – circa 30000 persone- ma estremamente diversificato socialmente, culturalmente e politicamente come quello ebraico italiano è costretto ora a interrogarsi sull’ ebraismo e il sionismo e a chiedersi cosa significa essere ebrei in Italia.
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Arturo Marzano-Guri Schwarz, Attentato alla sinagoga. Roma, 9 ottobre 1982. Il conflitto israelo-palestinese e l’Italia